ouverture

così come non saprei quale sequenza di tasti piagiare per produrre una qualche melodia avendo di fronte a me un magnifico pianoforte con tanto di coda di coccodrillo, così mi ritrovo davanti ad una tastiera, stavolta computeristica, i cui tasti hanno all'incirca lo stesso valore simbolico. tocca comporre parole frasi periodi pensieri e mi sento inibita. da un lato vorrei che il mio cantuccio fosse uno spazio ben recintato nel quale poter esprimere il molto o il nulla, a seconda dell'alacrità che le mie due mosche cerebrali dimostrano nell'elaborazione di osservazioni e/o pensieri ex novo; dall'altro ardo (da qui il nome..) per la possibilità che il virtuale mi dona di poter finalmente condividere le riflessioni che fugaci navigano nel mio monolocale mentale (tanto nessuno mi conosce, che mi frega).

pensiero numero uno: americani vs arte, 0-1.
questo è il riassunto finale scaturito da una rapida ma intensa considerazione giunta all'uscita delle scuderie del quirinale, al termine della mostra sul futurismo.
per un piano e mezzo io lì a bocca aperta a rimirare i frutti di questa fichissima nonchè illuminata avanguardia, che con gli stessi strumenti di giotto ti mostra, anzi ti concretizza e materializza, sommergendoti senza pietà, il movimento, la velocità, il dinamismo (e tutti gli -ismi del caso, ossia orf-, ragg-, vortic-, sincron-) in ogni sua sfaccettatura e sfumatura cromatica attraverso gli occhi e le mani di varie personalità artistiche. e fin qui tutto ok.
tutto è relativo, la realtà stessa è percepita e di conseguenza costruita soggettivamente, ecc... ma credo che il talento ed il genio siano un passo sopra le opinioni personali. estremizzando, li possiamo definire tali proprio per l'universalità che li contradistingue e li riconosce. quindi grandi, anzi superbi, boccioni, balla, carrà, severini e tutti gli amici europei, ma nel momento in cui lo sguardo cade sulla porzione di parete dedicata all'oltreoceano...speachless... la banalità, la piattezza e la morte del mio entusiasmo. la povera guida si sperticava ad inculcare una visione- versione secondo la quale questi tizi avevano rivisitato il futurismo, prendendone gli aspetti salienti, e lo avevano personalmente autoctonizzato. beh, chapeau!
da qui è stato un'autostrada, anzi una tav a condurmi alla conclusione che l'art-made by usa è di tutt'altra pasta, bevanda e personaggio. ha senso che la pop art sia nata lì, da quel territorio e da quelle radici e da quella storia sociale. in america si riempie del suo pieno significato generatore e noi qui, pur succubi delle lattine rosse e dell'ossigenata marilin e dell'american way of life, non saremo mai in grado di comprenderne profondamente il messaggio. e altrettanto loro con il futurismo. il discorso è che, a differenza, non mi risulta che un tizio italico si sia mai spacciato per un pop artist... :)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

come no!??!
io mi firmo artista pop da sempreee!!!
(nevvero!)
benvenuta sofficeardenga! che emozione!!! :)

Anonimo ha detto...

ehm: allaraba (la firma!)
:)

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